30 May
30May

La croce d’avorio, fu realizzata da una non meglio identificata bottega araba, certamente siciliana, nella prima decade dell’XI secolo. L’opera fu concepita come croce processionale, dotandola di un foro quadrangolare nella parte inferiore  alla croce stessa. L’oggetto, fu mirabilmente scolpito in un fragilissimo e costosissimo avorio d’ippopotamo e realizzato in tre parti differenti, a comporre una scultura unica. Fu certamente dono dei Normanni di Puglia all’Episcopo di Canosa. Una corrente di pensiero più affermata, la vuole donata al primo Prevosto di Canosa, Petrus, eletto successivamente alla donazione della Cattedrale ai Signori di Puglia, da parte del Pontefice Pasquale II.

L’oggetto, fu impreziosito da simbologie iconografiche, ritenute ben presto blasfeme, che ne costrinsero il riuso successivo in reliquiario. Di fatti, in via del tutto eccezionale per i tempi, la figura umana del Cristo fu raffigurata in semi nudità e non impreziosita dal classico abito imperiale bizantino, come nella tradizione in voga all’epoca. La nudità umana del Cristo è magistralmente eseguita per intaglio e dettaglio. Barba, mani, piedi, costole e muscoli, sono quasi modernamente resi, con una plastica rivoluzionaria. Emerge la copertura delle pudenda con un abito sacerdotale sciolto ma allacciato sul tronco. L’ombelico del Cristo è grande, modellato come un organo genitale femminile. Questa fu una vera e propria rivoluzione, che proponeva come preponderanti alcuni aspetti de credo arabo su quello cristiano di Roma: l’Uomo al centro del Cosmo e l’ombelico come centralità della figura umana. Al tempo stesso, si metteva in evidenza la discendenza umana oltre che divina del Cristo (da qui il rimando all’utero e all’organo genitale femminile), in un’epoca in cui ancora si dibatteva sul concetto stesso di Trinità.  

 Non un Cristo Pantocreatore quindi, ma neanche un Cristo immolato. Si tratta di un Cristo sacerdotale o filosofale, intento ad abbracciare con la fede. Questo suo gesto, reso con tutta la tensione del corpo, genera una esplosione di luce, che è rappresentata dalla forma della croce greca, impreziosita dalle 12 rose mistiche.

A causa di questa simbologia estremamente moderna per l’epoca, fu ben presto dismesso dalla sua funzione e seguitamente impreziosito da un reliquiario in cristallo di rocca, che contiene tracce del sangue della crocifissione. Fu, quindi, riutilizzato come oggetto dal grande potere iconografico, venerato certamente dai pellegrini in viaggio lungo la Francigena e dai crociati diretti in Terra Santa, necessitanti di una purificazione spirituale per ciò che si era fatto e per ciò che si sarebbe andati a compiere. La croce fu usata largamente anche per le alte cerimonie che riguardarono la famiglia dei Normanni, da Boemondo d’Altavilla. Le antiche carte d’archivio, la considerano dismessa dal XVI secolo, relegata ad uso di reliquiario.    

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